Il
legame tra medicine alternative e religione è evidente quando tali
pratiche mediche presuppongono un atto di fede, ossia la convinzione che
tali cure siano efficaci sempre e comunque. Medicine alternative e
religione si basano, infatti, su verità rivelate, su dogmi
incontrovertibili e immutabili, su rituali fissi, regole prescrittive e
spiegazioni non razionali dei fenomeni. Le medicine alternative, sia
orientali che occidentali, non utilizzano un metodo scientifico e, come
le sette religiose, tendono a veicolare l’idea secondo la quale i
seguaci di questa o quella pratica medica alternativa costituirebbero
un’elite culturale di “illuminati”, che, attraverso riti e terapie di
gruppo, possono raggiungere uno stato di armonia spirituale.
Preciso
che quando parlo di medicine alternative, non mi riferisco a quelle
complementari, che si basano comunque su una diagnosi medica
tradizionale, integrandola poi con altre valutazioni. Se, ad esempio,
assumiamo un farmaco di origine vegetale, se ci curiamo utilizzando i
principi attivi delle erbe officinali, cambia il prodotto che assumiamo,
ma non il metodo (che è pur sempre un metodo scientifico, secondo il
quale l’estratto vegetale viene testato in laboratorio prima di essere
commercializzato). Le proprietà delle erbe officinali sono infatti note
da tempo e continuano ad essere oggetto di studi e ricerche
scientifiche.
Fermo
restando che la condizione di benessere debba essere definita in senso
olistico, in quanto la sfera fisica non può e non deve essere separata
da quella psicologico-emozionale, medicine alternative quali quella
tradizionale cinese o quella ayurvedica a tutt’oggi non hanno dato alcun
apporto significativo alla scienza medica occidentale, risolvendo gravi
patologie. Esse riguardano piuttosto la ricerca di un equilibrio
psicologico-spirituale, di uno stile di vita naturale in armonia con
l’universo, il che di certo favorisce uno stato di salute e benessere
fisico, ma ciò non prova scientificamente l’efficacia di tali pratiche
alternative in sostituzione di quelle della medicina convenzionale. Le
tecniche che hanno come scopo il raggiungimento di una condizione di
relax psico-fisico e uno stile di vita naturale attengono in realtà alla
sfera della prevenzione, non a quella della medicina allopatica, il cui
scopo è specificamente quello di curare patologie.
Quando
mi si chiede se sono religiosa, prima di rispondere effettuo sempre
questa distinzione: se per religione si intende quella cristiana
cattolica o quella islamica, allora di certo devo professarmi atea. La
scienza non è un atto di fede e non lo presuppone: essa si basa sul
metodo sperimentale, su dati di fatto che sono il risultato di studi,
ricerche ed esperimenti di laboratorio, ma che non hanno la pretesa di
essere validi in ogni caso e per sempre. Essi sono infatti validi fino a
prova contraria e lo sono nella misura in cui tali esperimenti abbiano
dimostrato l’efficacia di questo o quel ritrovato, con le dovute
eccezioni, casi di insuccesso terapeutico e relativi effetti
collaterali. Se invece per religione si intende il rispetto religioso
dell’ambiente, l’equilibrio con la natura, l’armonia
mente-corpo-spirito, la reductio ad unum con l’universo, allora di certo
e con orgoglio posso definirmi estremamente religiosa. Piuttosto che
pregare un deus ex machina che scenda a risolvere i miei problemi o
quelli del mondo, preferisco impegnarmi quotidianamente mettendo in
pratica ed insegnando il significato del concetto di responsabilità,
consapevolezza e sacrificio nel rispetto di sé, dell’ambiente e della
natura.
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